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yves congar
di P. Gerardo Cioffari OP
Al nome di Chenu solitamente viene affiancato quello di Congar, anche se il campo della ricerca è alquanto diverso. Mentre il primo si è occupato della storia della teologia cattolica in rpporto alla società, il secondo si è interessato alla storia della teologia e della Chiesa con riferimento alle chiese sorelle sia d’occidente che d’oriente. Eppure, se si va a fondo, l’analogia è ben più profonda. Ciò che li accomuna è la rigorosità della ricerca insieme ad una totale onestà intellettuale. Entrambi erano immersi nel mistero della Chiesa, ma la fedeltà alla Chiesa non giungeva ad alterare i dati della storia. La fedeltà alle origini era troppo forte per cedere alla tentazione del campanilismo cattolico.
Yves Marie Joseph Congar[1] nacque a Sédan nel 1904 in una famiglia cattolica praticante. Le tristi vicende della prima guerra mondiale gli offrirono anche uno spettacolo incoraggiante che influirà sulla sua visione futura: la pacifica convivenza di cattolici, protestanti ed ebrei. Entrato in seminario nel 1921 a Parigi, ebbe già in questi anni giovanili la possibilità di venire a contatto con i maggiori intellettuali cattolici di allora, quali J. Maritain e Reginaldo Garrigou Lagrange, uno dei maggiori conoscitori di S. Tommaso. Per un po’ pensò di entrare fra i benedettini di Conques, ma poi (1925) entrò nel noviziato domenicano di Amiens. Andò quindi a studiare a Le Saulchoir dove subì l’influsso di P. Chenu, il quale non solo gli fece conoscere E. Gilson, che presentava un tomismo meno speculativo e più contestualizzato nell’ambiente storico, ma lo avvicinò anche ai circoli ecumenici ed allo studio di Johannes Adam Möhler[2].
Sacerdote nel 1930, l’anno successivo insegnava ecclesiologia a Le Saulchoir. Qualche anno dopo (1935) prendeva il posto di Chenu come direttore della Revue des sciences philosophiques et théologiques, ed aveva avviato la collezione Unam Sanctam. Benché l’intesa con Chenu, anche dal punto di vista metodologico, fosse perfetta, Yves Congar aveva una diversa sensibilità. Il polo d’attrazione non era l’Occidente medioevale rivisitato secondo la nuova scuola, bensì l’Occidente nel suo rapporto con l’Oriente. Proprio l’anno che prendeva il posto di Chenu usciva il suo studio La déification dans la tradition spirituelle de l’Orient[3] . Sino a quel momento si era interessato soprattutto alle problematiche legate al Protestantesimo, ora cominciava a rivolgersi a quella tradizione orientale che poco a poco avrebbe occupato un posto centrale nella sua riflessione.
In quello stesso 1937, in cui appariva “Una scuola di teologia” di Chenu, Congar pubblicava Chrétiens désunis. Principes d’un oecuménisme catholique (Cerf, Paris). Ivi il Congar cercava di sintonizzarsi con la sensibilità protestante per l’ecumenismo, ma anche con l’afflato spirituale degli ortodossi. La riflessione sulla Chiesa come immagine della Trinità e quindi sul suo aspetto comunionale, quindi sull’aspetto cristologico che fa da introduzione al carattere istituzionale, sono i fondamenti di quella unità di cui oggi tanto si avverte la nostalgia. Secondo Congar il profetismo nella Chiesa è stato sempre un grande valore di vitalità. Purtroppo, in vari casi questo intuizione originale, nata secondo sentimenti nobili e spirituali che avrebbero potuto essere fecondi per la Chiesa, si sono poi trasformati in elementi di divisione. Un discorso che egli riprenderà anche in Vraie et fausse Réforme, ma che fu all’origine di attacchi di diversi teologi che vi riscontravano un certo relativismo dogmatico. Basti pensare a Ch. Journet, che ribadiva perentoriamente : noi crediamo invece che l’intuizione luterana primitiva della giustificazione era falsa in sé stessa, intrinsecamente[4]. Altra conseguenza fu che il card. Pacelli, segretario di Pio XI gli proibì di partecipare alla conferenza di Oxford, cui si era preparato con degli amici protestanti[5].
Dopo Chrétiens désunis i saggi ecumenici non si contano, con la costante della centralità della riflessione ecclesiologica, come ad esempio nell’Esquisses du mystère de l’Eglise (1940 e 1953). Il suo programma teologico (Pour une théologie de l’Eglise nel 1937) auspicava che ogni confessione cristiana si liberasse di tante incrostazioni dipendenti da tempi e luoghi e rimettesse al centro della propria esistenza il Signore: Il Signore Dio è il primo che va servito. Un programma che Congar proponeva non solo negli scritti ma anche nei convegni. Una volta durante la settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani al Centro cattolico degli Intellettuali Francesi esclamò: Preghiamo per la conversione di tutti i cristiani al vangelo, per la conversione di tutti i vescovi al Vangelo, per la conversione del Papa al Vangelo. La novità del suo metodo consisteva dunque nel cercare di fare prendere coscienza anche alla propria Chiesa che c’era un cammino da fare, che non tutto doveva darsi per scontato.
L’impegno, per così dire, ecumenico e spirituale non esauriva tutto la sua attività. Egli sapeva che nei dialoghi molti facevano sempre riferimento alla storia degli eventi teologici. Per cui, seguendo del resto l’indirizzo fondamentale de Le Saulchoir, produsse opere che mostrano il suo talento nel muoversi nella storia del pensiero ecclesiastico. Importanti sono al riguardo gli studi ecclesiologici[6].
E tale programma restò immutato anche durante e dopo il concilio. In Chrétiens en dialogue (Paris 1964) ribadiva : Mi è apparso ben presto che l’ecumenismo non è una specializzazione, che esso comporta un movimento di conversione e di riforma che sono coestensivi con la vita di tutte le comunioni cristiane. Mi è parso ugualmente chiaro che, per ognuno, il lavoro ecumenico va compiuto innanzi tutto a casa propria, presso i suoi. Per noi in particolare si tratta di far girare la Chiesa cattolica di qualche grado attorno al proprio asse, verso quella convergenza e quella unanimità che è possibile con le altre confessioni, sulla base di una fedeltà più profonda e più leale alla nostra Fonte unica e alle nostre fonti comuni. Di qui il mio programma che ho tracciato in Chrétiens désunis e che è stato successivamente messo in opera in altri miei lavori: Vraie et fausse réforme, Jalons pour une théologie du laicat, La Tradition et les Traditions[7].
Come si può vedere, il sottofondo del pensiero di Congar è che le vicende storiche sia in oriente che in occidente hanno nuociuto ad un corretto ed equilibrato sviluppo della vita ecclesiale. Onde la necessità da parte di tutti i cristiani di non guardare soltanto alle altre chiese, ma di riflettere sulla propria e ritrovare i motivi di una rinascita attraverso una vera riforma. Ma Congar era troppo avanti in un discorso in cui la Chiesa ufficiale era ben lontana. Ad esempio, il volume Vraie et fausse Réforme dans l’Eglise, benché avesse lo scopo di avvicinare i protestanti alla Chiesa cattolica mostrando che in fondo anche la Chiesa cattolica era sensibile a quella riforma che tanti suoi santi avevano auspicato, il fatto stesso di accennare ad un’autocritica e di porre come primo capitolo il “problema del male nella Chiesa” era più che sufficiente a fare agitare i teologi romani. Anche se diceva cose ovvie per uno storico onesto, come ad esempio che fino all’XI secolo il volto della Chiesa era un volto mistico, mentre dopo l’XI secolo era il volto del potere [8], la cosa non poteva passare inosservata.
D’altra parte, non poteva essere diversamente. Egli si era dedicato anima e corpo all’ecumenismo in un tempo in cui la Chiesa romana non vedeva altra possibilità che il “ritorno” degli scismatici alla Chiesa di Roma. Da quasi un ventennio ormai, Congar lavorava nel campo ecumenico con incontri interconfessionali. Con questo programma, infatti, benché sempre secondo un’impostazione storica, era venuto a contatto con P. Coutourier e L. Beauduin, con A. M. Ramsay, il futuro primate d’Inghilterra, nonché con i maggiori pensatori russi, quali Berdjaev e Bulgakov, leaders della diaspora russo-ortodossa a Parigi.
Poi venne la guerra e fu chiamato al servizio militare, quindi finì in carcere a Colditz per cinque anni, fino al 1944. Dopo la guerra il circolo comprendeva p. Christophe Dumont, p. M.J. Le Guillou, p. Lambert Beauduin, Vladimir Losskij e p. Eugraphe Kovalevskij. Ma nel 1948 ruppe con Losskij perché rifiutò di dissociarsi verbalmente dall’attacco del sinodo della Chiesa russa alla Chiesa cattolica (“Mi è impossibile lavorare con chi accetta che venga insultata mia madre!”)[9]. Il suo entusiasmo fu ulteriormente mortificato, poiché in quello stesso anno gli fu proibito di partecipare all’assemblea ecumenica di Amsterdam. Anzi, ormai sospetto di modernismo oltre che di simpatie per il movimento dei preti operai, cominciò un periodo di accuse, avvertimenti e misure restrittive. Insieme al p. Feret ed al p. Chenu nel 1954 fu addirittura sospeso dall’insegnamento. La cosa fu tanto più dolorosa perché la disposizione venne dal maestro generale dell’Ordine, che aveva anche sollecitato le dimissioni dei padri provinciali [10].
Forse ricordando l’analogo destino del P. Lagrange, si ritirò a Gerusalemme, dove all’Ecole Biblique trovò un ambiente amichevole. Dopo poco meno di un anno a Cambridge passò a Strassburgo, dove poté riprendere l’insegnamento. Ma la riabilitazione completa non tardò a venire. Con l’avvento del papa Giovanni XXIII e il suo progetto di un concilio per l’aggiornamento della Chiesa, Congar si acquistò la fama di teologo cattolico ufficiale, incaricato fra l’altro di curare i rapporti con i protestanti e gli ortodossi.
Era stato proprio il contatto col mondo ortodosso, oltre che protestante, a dare alla sua teologia un equilibrio ecumenico in tutti i sensi. La teologia di Congar, infatti, non è pensata soltanto in vista del dialogo con ortodossi e protestanti, ma anche come ripensamento della teologia cattolica in sé. La teologia ortodossa insieme agli studi storici di ecclesiologia gli avevano fatto scoprire il senso del mistero nella Chiesa, il ruolo dello Spirito Santo, il ruolo del popolo di Dio.
In Jalons pour une théologie du laicat (Paris 1953 e 1964), Congar fa una severa analisi dell’ecclesiologia cattolica corrente :
E’ chiaro dunque come il trattato sulla Chiesa, essendosi costituito come trattato particolare in risposta al gallicanesimo, al conciliarismo, all’ecclesiologia puramente spirituale di Wycliff e di Hus, alle negazioni protestanti, poi, più tardi, a quelle dello statalismo laico, del modernismo, ecc., si sia anche costituito come reazione ad errori i quali, tutti, mettevano in discussione la struttura gerarchica della Chiesa. Il De Ecclesia fu principalmente, talvolta quasi esclusivamente, una difesa e un’affermazione della realtà della Chiesa come apparato di mediazione gerarchica, dei poteri e del primato della Sede Romana, in breve una « gerarcologia ». I due termini tra i quali si pone una tale mediazione, lo Spirito Santo da un lato, il popolo fedele o il soggetto religioso dall’altro, si venivano a trovare esclusi dalla considerazione ecclesiologica [11]. Queste idee, già avanzate in alcuni articoli del 1948, furono aspramente criticate sul Divus Thomas come malsani smarrimenti che hanno portato al monstrum della « théologie nouvelle »[12]. Ma le amarezze provocate da tanti attacchi verranno poi cancellate durante il Concilio Vaticano II, quando tanti elementi dell’ecclesiologia di Congar entreranno a far parte dei testi ufficiali del Concilio e quindi della Chiesa[13].
Tale equilibrio, messo in ombra a causa dell’atteggiamento difensivo assunto dalla Chiesa cattolica da Trento al Vaticano I, veniva recuperato nel contatto con le chiese sorelle e riproposto efficacemente nel concilio Vaticano II. Nascevano cosìLa Tradition et les Traditions (2 voll., Paris 1960-1963), Sainte Eglise (1963), La Tradition et la vie de l’Eglise (Paris 1963), L’Eglise une sainte catholique apostolique (Paris 1970), Un peuple messianique (Paris 1975).
Tenendo conto delle preoccupazioni antigiuridiche degli ortodossi, il Congar dava una definizione della Chiesa a partire dall’opera redentrice del Cristo come emerge dalla Sacra Scrittura: La Chiesa è la realtà della Nuova Alleanza, è la società degli uomini che, riconciliati con Dio mediante il Cristo morto e risorto, sono chiamati a vivere con Dio una vita di figli, di cittadini della città celeste e destinati ad avere parte nella sua eredità. Il mistero cominciò a delinearsi e ad essere rivelato già nell’Antico Testamento con la costituzione di un popolo di Dio[14]. Se però il Cristo ha terminato la sua opera sulla terra, resta tuttavia qualcosa da fare, completare la sua opera: e per completarla sono necessari due fattori, lo Spirito Santo e gli Apostoli. Quanto al primo, Congar risponde alle critiche ortodosse (di Evdokimov, che in questo caso si rifà a Vladimir Losskij) di poca presenza dello Spirito Santo nei decreti del Concilio Vaticano II, ricordando che è Cristo il capo e fondatore della Chiesa, e che lo Spirito è lo Spirito del Figlio. E’ normale perciò che nelle formulazioni emerga la figura del Cristo. Il che non significa che il Vaticano II sia stato un concilio cristomonistico. La Chiesa infatti non è soltanto il Corpo di Cristo, ma anche la totalità dei fedeli che hanno ricevuto l’unzione dello Spirito Santo (LG 12). E mentre lo Spirito Santo costruisce la Chiesa elargendo liberamente i suoi doni, gli Apostoli animati da Lui la costruiscono nella sua struttura esteriore. E se la sottolineatura dello Spirito Santo tende ad avvicinare i protestanti, più in linea con gli ortodossi è l’importanza annessa alla Tradizione ecclesiale.
Quanto alle differenze fra cattolicesimo ed ortodossia Congar torna più volte su due linee di fondo: la comunione delle due chiese prima del Mille nonostante certi approcci diversi e la dipendenza del magistero pontificio rispetto alla tradizione apostolica e conciliare. Per il primo aspetto preziosi sono i suoi studi sulla storia dell’ecclesiologia che hanno portato a stabilire una diversa visione d’insieme dell’occidente rispetto all’oriente, non limitata dunque a qualche sporadica citazione di Agostino. Nonostante una tale diversità sin dalle origini egli restò convinto sino alla morte che nell’essenziale si era già uniti: Il s’agit, par cette enterprise, d’aller de l’un à l’un par le plusieurs. L’un de l’origine, c’est l’Eglise indivise, hélas divisée. Il existe dans l’Eglise catholique d’Orient et d’Occident, C’est, nous en avons la conviction profonde, la même Eglise du Christ et des Apôtres qui existe dans l’Eglise orthodoxe et dans l’Eglise catholique Romaine.[15]. Per il secondo molto indicativo è lo studio La Parole et le souffle (Paris 1984) che sottolinea come lo stesso Giovanni Paolo II non rinviasse alla sua autorità magisteriale. Nella lettera A concilio constantinopolitano (25 marzo 1981) collegava anche il suo magistero al concilio: L’insegnamento del primo concilio di Costantinopoli è ancora e sempre l’espressione dell’unica fede comune della Chiesa e di tutto il Cristianesimo. Anzi, sintomatico è l’invito rivolto da questo papa nella Ut unum sint a riflettere e ripensare ad una nuova formulazione del modo di esercizio del primato papale. Una iniziativa che non fa che avviare un processo tanto auspicato da Y. Congar in Le Concile au jour le jour. Deuxième session (Cerf, Paris 1964), ove si distingue chiaramente il primato, che è di istituzione divina, ed un certo regime del suo esercizio, che è una creazione ecclesiastica[16].
I Decreti più importanti del concilio portano la sua impronta. Una soddisfazione dovette anche essere l’ascoltare di tanto in tanto vescovi che affermavano di aver cambiato la propria prospettiva ecclesiologica dopo aver letto i suoi scritti. Sembravano trascorsi decenni dalla sospensione dell’insegnamento, ed invece erano solo pochi anni. E dopo il concilio innumerevoli furono gli incarichi affidatigli. Dal 1984 la malattia frenò il suo attivismo. Creato cardinale nel concistoro del 26 novembre 1995, moriva l’anno dopo a Parigi.
Alcuni, come Le Guillou[17] ed Aldo Moda[18], hanno messo in dubbio l’originalità del pensiero di Congar, non avendo dato un grande apporto alla teologia sistematica. Secondo Le Guillou, l’attenzione rivolta ad una teologia per l’uomo, mettendo in sott’ordine la teologia per sé o contemplativa, ha tolto unità al pensiero di Congar che non rivela un unitario sottofondo metafisico. Ancor più brutale è l’affermazione del Nichols: Non esiste un’ecclesiologia congariana[19]. In realtà, come quello di Chenu, anche il pensiero di Congar è veramente originale, specialmente dal punto di vista metodologico. La nuova scuola di teologia, nata dall’intuizione di P. Lagrange sugli studi biblici e istituzionalizzata nel 1905 a Le Saulchoir, aveva con Chenu e Congar trovato i suoi protagonisti. Coloro che criticano la mancanza di un lavoro comprensivo ed articolato in Congar non hanno colto la novità del teologo domenicano. Lo stesso Congar, come si è detto, scrivendo su Chenu aveva notato come la nuova teologia si è intrinsecamente incarnata nel mondo mediante l’impegno diretto del teologo. E’ vero che questo ha impedito il grosso lavoro organico. Ma non poteva essere altrimenti. Il grosso lavoro organico può andare per la vecchia teologia metafisica, che trascorre il tempo a trastullarsi con i concetti. La nuova teologia, attraverso rigorosi studi storici, tende a scendere nel mondo degli uomini ed a farsi essa stessa storia. Il tutto con una onestà intellettuale del tutto sconosciuta alla teologia sistematica. Questa, infatti, avendo come criterio la rivelazione interpretata dal magistero più recente procede secondo il metodo tomista tradizionale, più attenta ai contenuti del tomismo che non all’atteggiamento di Tommaso di fronte ai problemi intellettuali del suo tempo. In tal modo la teologia sistematica si mostra insensibile sia di fronte alla sua comprensibilità per l’uomo d’oggi sia di fronte ai dati storici della tradizione ecclesiale, che sempre e comunque viene interpretata in sintonia con le categorie del magistero più recente (quasi che la fede sia autentica solo in queste categorie). Invece Congar aveva capito che il teologo deve aiutare il magistero ad adottare categorie più rispondenti alla comprensione dell’uomo d’oggi. La teologia diventa così il lievito del magistero e non una semplice trasposizione ripetitiva secondo le vecchie categorie scolastiche.
L’ecclesiologia di Congar, e in questo sia Le Guillou che il Moda e il Nichols non hanno tutti i torti, è effettivamente fuori della tradizione ecclesiologica. L’impressione di una mancanza di unità deriva da qualcosa di reale. Il Congar cerca di recuperare dalle varie tradizioni cristiane, sia protestanti che ortodosse, tutti quei valori che la Chiesa Cattolica prima del Vaticano II avev messo in ombra, come l’azione dello Spirito Santo e il ruolo del popolo di Dio. Con lo Spirito Santo ed il popolo di Dio Congar completa l’immagine trinitaria che aveva utilizzato sin dai suoi primi scritti e che dà un senso di armonia alla Chiesa. E’ vero che queste componenti tolgono l’unità e la teoreticità del discorso precedentemente basato sulla gerarchia e il primato. Ma è anche vero che in tal modo si dà un servizio al magistero.
In questa luce va letta anche l’opera di un altro teologo domenicano, Jean Marie R. Tillard, professore ad Ottawa. Come Congar, anche il Tillard ha ripensato il ruolo del papa nella Chiesa, esaminando l’evoluzione storica. Un ripensamento che tiene conto in questa nuova atmosfera ecumenica seguita al Vaticano II del punto di vista ortodosso. Ne vien fuori quindi un’immagine del vescovo di Roma che mantiene il suo primato, ma che deve impiegarlo al servizio dei vescovi e dell’intera comunione ecclesiale. Leggendo l’enciclica Ut unum sint di Giovanni Paolo II (1995), in cui i teologi vengono invitati ad approfondire il ministero papale nella Chiesa tenendo conto delle aspettative dei fratelli separati, sembrerebbe quasi che abbia voluto far suoi i suggerimenti del Tillard[20].
[1] Dall’abbondantissima bibliografia su di lui, segnaliamo le seguenti opere: M.J. Le Guillou, Yves M.-J. Congar, in AA. VV., Bilancio della teologia del XX secolo, IV. Ritratti di teologi, a cura di R. Vander Gucht e H. Vorgrimler, Città Nuova editrice, Roma 1972 », pp. 189-205; Mariangela Giovanna Congiu, Le Chiese sorelle nella teologia di Yves Congar, Cittadella Ecumenica Taddeide, Riano (Roma) 2001;Bosch J., Yves Congar. Dar la Vida por las convicciones, Vide Nueva, 1995; Fouilloux E., Une théologie pour l’œcuménisme, in « Les Catholiques et l’Unité chrétienne du XIX au XX siècle », Le Centurion, Paris 1982 ; Jossua J.P., Le Père Congar. La théologie au service du Peuple de Dieu, Cerf Paris 1967 ; Nichols A., Yves Congar, Ed. Paoline, Milano 1991.
[2] La pensée de Moehler et l’Ecclésiologie orthodoxe, Irénikon 1935.
[3] Vie Spirituelle, Supplément, 1 maggio 1935.
[4] Vraie et fusse Réforme dans l’Eglise, Cerf Paris, 1969 (prima edizione 1950), p. 219.
[5] Jossua Jean Pierre, Le Père Congar. La théologie au service du peuple de Dieu, Cerf Paris 1967, p. 77.
[6] Tale ricerca storica non ebbe uno sbocco rapido. Diverse opere saranno pubblicate durante o nel periodo successivo al concilio Vaticano II : L’Eglise de Saint Augustin à l’époque moderne, Cerf Paris 1970; Ecclésiologie du Haut Moyen Age, De Saint Grégoire le Grand à la disunion entre Byzance et Rome, Cerf Paris, 1968. L’indirizzo storico si nota anche nelle numerose opere edite come collana Unam Sanctam in cui appare o come autore o come curatore (Sainte Eglise. Etudes et approches ecclésiologiques, Cerf Paris 1964 ; La collégialité épiscopale. Histoire et théologie, 1965 ; L’Episcopat et l’Eglise universelle, 1962 ).
[7] Le Gullou, Bilancio, cit., IV, p. 196
[8] Vraie et fusse Réforme cit., p. 68. In questo testo sono molti i punti fastidiosi per la teologia corrente. Ad esempio, da Berengario di Tours a Pietro Valdo, daLutero a Calvino, da Lamennais a Rénan, Congar vede dei valori che avrebbero potuto arricchire la chiesa. Un altro esempio è la sua distinzione fra tradizione e idee ricevute (predominanti in una data epoca), e fa riferimento all’Unam Sanctam di Bonifacio VIII o anche alla condanna della Sorbona contro Erasmo che riteneva moralmente illecita la condanna a morte degli eretici.
[9] Le Guillou, Bilancio, IV, p. 190.
[10] Ivi, Le Guillou, p. , 192
[11] Per una teologia del Laicato, Morcelliana, Brescia 1966, p. 66-67. Vedi anche Cette Eglise que j’aime, Foi Vivante, Cerf Paris 1968. Il tema della teologia del laicato verrà ripreso in Ministeri e comunione ecclesiale, EDB Bologna1973, dove però completa la sua ecclesiologia con le altre componenti, l’episcopato e il papato. In quest’ultimo contesto si sofferma anche sulla distinzione tra infallibilità e indefettibilità. La sua preferenza terminologica va a quest’ultima, ben conoscendo i tanti casi storici di errori dottrinali dei papi (esempio classico papa Onorio, condannato dal VI concilio ecumenico). Tuttavia, una corretta interpretazione dell’infallibilità (non personale e non assoluta), nel senso di atti specifici in cui non manca al papa l’assistenza dello Spirito Santo per il bene del popolo di Dio, giustifica anche il termine di infallibilità.
[12] Cfr. P. A. Perego, La Nuova Teologia. Sguardo d’insieme alla luce dell’enciclica Humani Generis, Divus Thomas, 53 (1950), pp. 436-465.
[13] Sul Concilio, vedi Diario del Concilio, Borla Torino 1964.
[14] Il mistero della Chiesa, Ed. Romane Mame, Vicenza 1961, p. 11.
[15] Cfr. Diversités et communion, Cerf Paris 1982. Sull’Ortodossia e le cause dello scisma vedi Neuf cents ans après, Chevetogne 1954. Vedi anche il capitolo “Amo l’Ortodossia” in Saggi Ecumenici, Città Nuova Roma1986.
[16] Sulle commosse parole di ortodossi ed anglicani alla sua morte, vedi ASOP a. 103, fasc. II (maggio ottobre 1995), pp. 267-282.
[17]Le Gullou, Bilancio, IV, pp. 203-204
[18] Lexicon. Dizionario dei Teologi, pp. 327-331
[19] Cfr. Nichols Aidan, Yves Congar, Paoline Milano 1991, p. 80.
[20] Jean Marie Tillard nacque nel 1927 a Iles St Pierre. Entrato nell’Ordine domenicano, dopo gli studi all’Angelicum ed a Le Saulchoir, divenne professore ad Ottawa (Canada). Perito al concilio Vaticano II, ha partecipato ai più importanti incontri ecumenici.. Tra i suoi scritti i più significativi sono Devant Dieu et pour le monde, Cerf, Paris 1975; L’Evêque de Rome, Cerf Paris 1982, e L’Eglise locale. Ecclésiologie de communion et catholicité, Cerf Paris 1995.
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