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chiara gambacorti
Questa bella figura femminile del tardo Medioevo si può avvicinare a quelle dei grandi riformatori di Ordini religiosi e darci un esempio luminoso di quale tempra cristiana si possa nascondere nell'anima di una giovane fanciulla destinata dal suo rango sociale a tutt'altro tenore di vita. La famiglia Gambacorta, celebre per la sua potenza ed ancor più per le sue sventure, primeggia nella tempestosa vita politica della Repubblica Marinara di Pisa, in quell'oscuro ed appassionato Trecento segnato da guerre e stragi fratricide.
Fin dal 1277 i suoi membri sono annoverati fra gli Anziani e i Consoli di mare e si schierano a favore del popolo minuto contro i ricchi borghesi e soprattutto contro i tiranni. Nel 1355 una bruttissima ora giunge per i Gambacorta, quando sale al potere la fazione opposta: le loro case sono incendiate e distrutte e sette di essi sono decapitati.
Si salva solo Pietro Gambacorta, padre della nostra Beata, che viene condannato all'esilio e alla confisca del suo ingente patrimonio.
Durante questo esilio, non si sa con esattezza se a Venezia o a Firenze, nasce nel 1362 la piccola Teodora, detta Tora, che era stata preceduta da cinque fratelli i quali prenderanno parte, in vario modo, alla vita pubblica del tempo. Quando Tora tocca i sette anni, la situazione si capovolge perché suo padre viene richiamato a Pisa e acclamato capo della Repubblica: egli governerà con somma prudenza e fermezza, in modo retto ed intelligente, cercando con sincerità il bene del popolo.
Ma per consolidare il suo dominio, stringe alleanza con il signore Simone Massa e gli promette in sposa la sua Tora, ancora bambina: lei è il pegno di concordia e di pace dopo anni di feroci discordie.
Ella cresce nel palazzo paterno, coltivando in cuore l'ideale di darsi tutta al Signore e si esercita segretamente nella penitenza e nella mortificazione, pregando e digiunando. Quando si prostra davanti al Crocifisso, si toglie dal dito l'anello prezioso, pegno di nozze, dicendo: «Sapete bene, o Signore, che desidero soltanto Voi! ».
A dodici anni, con nel cuore il peso di un grande sacrificio, ella piega la sua volontà a quella paterna e passa a vivere nella casa dello sposo, dove trova ricchezze maggiori e la possibilità di una vita più lussuosa. Ma Tora non dimentica la penitenza e porta il cilicio sotto gli abiti sfarzosi; soccorre i poveri con i beni di cui può disporre, finché la suocera, preoccupata per la sua estrema liberalità, non mette sotto chiave le provviste di casa; frequenta un gruppo di pie dame che vivono in comune nella preghiera e nella carità e si offre per servire un malato impaziente e una donna colpita da un cancro alla faccia, avvicinando senza timore il suo fresco viso a baciare quel volto piagato. Mentre il marito è lontano da casa, Tora cade gravemente malata e Pietro Gambacorta la fa condurre momentaneamente presso di sé.
Nel frattempo però anche Simone Massa si ammala e muore in breve tempo: a quindici anni Tora, spezzati i legami con lo sposo terreno, torna a vivere alle dipendenze dell'autorità paterna.
Pietro vorrebbe ben presto vederla nuovamente sposa, ma ora Tora sente che la chiamata di Dio va attuata anche contro la volontà dei suoi e si oppone alle seconde nozze.
In suo aiuto viene anche Caterina Benincasa, che ella ha conosciuto da poco e dalla cui santità carismatica è fortemente affascinata. Nell'epistolario della Vergine Senese si trovano due lettere inviate a Tora per incoraggiarla a rivendicare la sua libertà di rispondere all'amore dello Sposo divino, rinunziando al mondo e scegliendo lo stato religioso. Il tono delle esortazioni ci dice quanto quella Vedova quindicenne fosse già radicata nel cammino della perfezione cristiana: « ... e senza Sposo non voglio che tu stia. Secondo ch'io ho inteso, pare che Dio s'abbia chiamato a Sé lo sposo tuo... Onde, poiché Dio t'ha sciolta dal mondo, voglio che tu ti leghi con Lui; e sposati a Esso Cristo Crocifisso coll'anello della santissima fede. E guarda che tu non perda il tempo tuo, ma sempre esercitarlo o con l'orazione o con la lettura o con fare alcuna cosa manuale. Io so che tu entrerai ora nel campo delle molte battaglie del demonio e delle creature, che non sarà meno forte battaglia. Ma tu sii forte e costante, fondata in su la viva pietra; e pensa che se Dio sarà con te, nessuno potrà contra di te. A condurti ben sicura al porto di vita eterna ti consiglierei, per tua utilità, che tu entrassi nella navicella della santa obbedienza... ».
In attesa di attuare il suo progetto, Tora distribuisce ai poveri i suoi ricchi vestiti e i suoi gioielli, si taglia i capelli, si chiude nel silenzio e nella preghiera, sopportando pazientemente i rimproveri della madre e i sarcasmi delle cognate. In segreto, attraverso una fedele domestica, prende accordi con le Clarisse del monastero di S. Martino e vi entra, all'insaputa di tutti, il 29 giugno 1378, prendendo insieme all'abito francescano il nome di Chiara. Ma in quel luogo di pace resta un giorno solo: le religiose, minacciate dal fratello Andrea giunto a prelevarla con una schiera armata, perché non sia violata la clausura, gliela consegnano calandola dal muro. Giunta nel suo palazzo, per ordine del padre viene rinchiusa in una stanza, come se fosse in una cella carceraria. È priva di tutto, spesso anche del cibo che si dimenticano di portarle, ma le rimane la grande libertà di intrattenersi con Dio.
Nel suo isolamento l'unica pena è l'impossibilità di confessarsi e di ricevere la S. Comunione. Ma la madre e una delle cognate, vinte dalla sua dolcezza e mansuetudine, vengono in suo aiuto e il 4 agosto, festa di S. Domenico, la conducono a Messa dai Frati predicatori. Tornata a casa Tora comprende che Dio la chiama a servirlo nell'Ordine di S. Domenico.
E presto la Provvidenza viene in suo soccorso, inviandole un santo prelato, assai stimato da Pietro Gambacorta, il quale, conosciuta la ferma vocazione di Chiara, parla benevolmente ai suoi familiari e li convince a desistere dalla loro persecuzione; così viene fatta entrare fra le Domenicane del monastero di S. Croce. Poiché in esso non si vive la stretta osservanza domenicana, Chiara ottiene dal padre la costruzione di un nuovo monastero intitolato a S. Domenico, di cui prende possesso con quattro consorelle il 29 agosto 1382.
Ella ha venti anni ed ha volontà ferma e decisa di adeguare la sua vita ai rigori dell'antica disciplina monastica seguendo i canoni fondamentali della vita domenicana: preghiera, studio, silenzio, penitenza, contemplazione. Si mantiene in corrispondenza con il Beato Giovanni Dominici, uno dei principali artefici della riforma dell'Ordine iniziata con il Beato Raimondo da Capua. Con maggiore continuità esercita influsso e direttiva su Sr. Chiara e sulla sua opera riformatrice, il confessore Fra Domenico da Peccioli, il quale insiste affinché venga data allo studio la preminenza che gli spetta, perché la santità sia accompagnata dalla dottrina. Nella nascente comunità perciò, con la più stretta povertà e la più rigida clausura viene curata anche la cultura delle religiose, procurando che esse abbiano i libri necessari, che sappiano leggere e scrivere, che possano praticare la trascrizione dei manoscritti, ornandoli con miniature. Sr. Chiara mantiene corrispondenza epistolare con persone celebri del suo tempo, esortando tutti a vita devota e ad opere di bene: nelle sue lettere spiccano freschezza e semplicità, equilibrio e schiettezza. Anche nella vita religiosa, ella cerca di sovvenire alle necessità dei poveri, servendosi di persone buone, che visitano in suo nome prigioni e ospedali. Ma la carità più eroica Chiara la esercita nel perdono delle offese verso coloro che, per rivalità politica e con tradimento, uccidono suo padre e i suoi fratelli.
In quei terribili momenti, al fratello Lorenzo, inseguito dai nemici e ferito mortalmente, ella è costretta a negare il rifugio nel monastero per non venir meno alla legge della clausura. In seguito a questa tragedia familiare, si ammala gravemente e proprio all'assassino del padre e dei fratelli chiede di mandare un poco del cibo della sua mensa, come faceva suo padre quand'era malata, perché possa ristabilirsi.
Pochi anni dopo accoglierà come ospiti nel monastero anche la madre e le sorelle dell'usurpatore, fuggito da Pisa.
Guardando a Cristo, Chiara risponde all'odio con l'amore!
Eletta priora del monastero, diviene per le consorelle esempio luminoso di ogni virtù e guida sicura nel cammino della perfezione religiosa. Nella Quaresima del 1420 i mali fisici di cui soffre da tempo si inaspriscono tanto che la sua fine terrena appare assai vicina: infatti ella muore il lunedì di Pasqua, 17 aprile 1420.
Il suo corpo viene sepolto nel coro delle Monache, ai piedi dell'altare. Tredici anni più tardi i suoi resti vengono esposti. alla venerazione pubblica. La ratifica ufficiale del culto verrà, tuttavia, solo quattro secoli più tardi con un Decreto della S. Sede emanato il 4 marzo 1830.
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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