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domenico dono della santità del padre
di Sr. M. Rosina Barbari
Non deve sembrare cosa superflua se noi ora raccogliamo, come spighe cadute dalle mani dei mietitori, quegli episodi che furono omessi o ignorati dai compilatori della legenda del nostro santo padre Domenico. E innanzitutto a riprova della sua santità, ricordiamo che egli non ebbe solo dei genitori onesti e pii, ma anche due fratelli molto avanti nella vita della perfezione... » (Vitae Fratrum n. 75).
L'autore delle Vitae Fratrum vuole proporre alla nostra riflessione la santità di S. Domenico attraverso una specie di «storia delle origini ». Mediante la semplice narrazione di quello che sembra un evento di famiglia, possiamo scoprire un disegno molto più vasto. Domenico non nacque per caso in una famiglia santa come, non per caso, i suoi familiari hanno corrisposto al dono della grazia. Il « personaggio » nascosto tra le trame di questa singolare storia è Dio Padre, il quale dall'eternità ha progettato la storia della salvezza e ha donato al mondo, alla storia e ad ogni uomo Domenico.
Fino dal suo concepimento « era parso a sua madre di portare in seno un cagnolino con la fiaccola accesa che correva a incendiare il mondo (Lib. n. 5). La santità è un dono elargito dal Padre ad ogni uomo e che si manifesta nella vita e nella storia di ognuno con modalità, percorsi e scelte diverse. La risposta di S. Domenico al dono di grazia del Padre non è stata quindi casuale. Anche se, come ci dice Giordano di Sassonia, "egli fu di indole molto buona e la sua meravigliosa infanzia già preannunciava qualcosa di grande"» (Lib. n. 8), non è stato certo esente dall'accogliere momento per momento l'esistenza quotidiana e dal dare la sua risposta in ogni suo evento. Dalla sua famiglia Domenico ha certamente colto non solo degli esempi edificanti o delle manifestazioni di gratuità, ma anche un profondo dinamismo di vita vissuto in ogni occasione alla luce del dono di Dio.
S. Domenico ha innanzitutto imparato a scegliere, a prendere delle decisioni importanti per la propria vita, ad assumersi davanti al Padre la responsabilità dei doni a lui elargiti a vantaggio degli uomini e della loro salvezza e felicità. Egli ha scoperto la più profonda dinamica della santità, che cioè la verità dell'esistenza sta nella gratuità della risposta. Il Padre infatti predispone per ciascuno un proprio cammino perché ogni suo figlio possa realizzare in pienezza se stesso come riflesso e immagine della vita trinitaria di Dio. Il santo è perciò una persona chiamata a realizzare appieno le potenzialità del proprio essere. Leggiamo che S. Domenico era l'uomo la cui generosità arrivava fino al dono totale di sé. Nella sua umanità egli era travolgente: affabile, cordiale, forte, amato anche dagli eretici, non risparmiava nulla a se stesso per la salvezza di qualcuno.
S. Domenico è l'uomo che ha alimentato quel fuoco di carità che il Padre aveva posto come scintilla nel suo cuore e che da esso è stato divorato come partecipazione a quella stessa sete di misericordia e a quell'incredibile desiderio di salvezza per ogni uomo assunto dal Verbo eterno. La santità di S. Domenico non è però astratta, bensì radicata nella sua piena conformazione a Cristo. Egli è continuamente in comunione con Lui per godere in Lui della comunicazione con il Padre. Questo è il desiderio prepotente che emerge dalle sue fatiche, dalla sua solitudine, dalla sua gioia, dal suo cammino fatto di tanti piccoli passi, di tanti piccoli gesti perché ogni uomo possa essere condotto, come lui, alla sorgente dell'Amore, all'esperienza dell'Amore sempre vivo e vivificante. La santità non fa di Domenico un estraneo al mondo, ma un appassionato di ogni vicenda storica, un ascoltatore attento dei segni dei tempi e un ricercatore zelante di risposte, di nuove strade su cui condurre l'umanità al cuore del Padre. La santità di Domenico è un narrare al mondo e a ogni tempo una storia, quella storia eterna di salvezza che il Padre dona ad ogni uomo. Tale santità diventa così testimonianza di quell'eterno abbraccio d'amore donato a lui dal Padre, affinché in esso Egli possa dire ancora ad ogni uomo: « Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo » (Is 43,4).
Domenico, volto del Padre «ricco di misericordia»
Nelle Vitae Fratrum si legge: « Il Santo P. Domenico provava una straordinaria compassione per i peccatori. Quando si avvicinava ad un paese o ad una città, appena li scorgeva da lontano, pensando alle miserie degli uomini e ai peccati che vi si commettevano, prorompeva in pianto » (n. 79).Anche uno dei testi al processo per la sua canonizzazione testimonia: « Domenico era talmente pieno di zelo per le anime, che estendeva la sua carità e la sua compassione non solo ai fedeli, ma anche agli infedeli e ai pagani e perfino ai dannati dell'inferno, sulla cui sorte piangeva» (Atti n. 17).
La misericordia e la compassione sono uno dei tratti più caratteristici della vita e dell'opera di S. Domenico. Misericordioso è infatti colui che prende su di sé il bisogno di ogni uomo. E S. Domenico fin dai primi anni della sua vita, in cui « beveva ai rivoli della Sacra Scrittura » (Lib. n. 7), coltiva la sua dolcezza e affabilità divenendo un canale che riversa la cura amorosa di Dio, Padre di misericordia, su ogni uomo. A Palencia egli vende i suoi libri, patrimonio inestimabile, per salvare dalla fame i suoi fratelli (Lib. n. 10). In un'altra occasione egli non esita a dare la propria vita per riscattare un uomo caduto nelle mani dei Saraceni.
S. Domenico però non vive la misericordia solo come esigenza di giustizia, ma come profonda esperienza di salvezza. Egli contempla il volto del Padre, sorgente di ogni dono, e lì trova un disegno originario, uno straordinario e folle progetto d'Amore voluto da Dio per tutta l'umanità.
Perciò coglie innanzitutto la profonda dignità che il Padre celeste gli ha donato. Egli è, in Cristo, il figlio amato, l'eletto del Padre; egli è il benedetto ricolmato del dono della grazia perché, come figlio del Dio dell'Amore, possa compiere la propria missione e realizzare il suo personale progetto di salvezza insieme a quello dell'umanità a lui affidata. Questo è il «patrimonio genetico», il dono che lo Spirito gli ha consegnato. Egli perciò piange, per i peccatori e per gli eretici, perché entrambi hanno fallito l'obiettivo della loro vita, entrambi non hanno colto il fine della loro esistenza.
S. Domenico, che si sente e si sa figlio del Padre ricco di misericordia, non può non volere questo dono di salvezza per ogni uomo. Egli allora trascorre una notte intera con un oste eretico, perché divorato dalla «passione» d'amore che il Padre ha per ogni creatura (Lib. n. 15).
Domenico non parla di Dio Amore perché vuole fare proseliti o perché crede che sia semplicemente una buona teoria per la vita di ogni uomo; egli sa che è in gioco il cuore dell'esistenza umana: la felicità dell'uomo. Infatti, il Padre che egli annuncia non è solo un provvidente gestore dei meccanismi del mondo, ma un tenero custode dell'esistenza di ogni persona. Il Padre non è un semplice ricompensatore di qualche gesto di bontà, ma un Dio dal « cuore » di una amorevole madre che veglia sul cammino di ogni figlio. S. Domenico pertanto coglie nella misericordia il fulcro del mistero di Dio, un mistero ineffabile in cui più ci si dona e più si scopre, più si comprende e più ci si perde, per ritrovarsi tranquilli e sereni come bimbi svezzati tra le braccia della propria madre.
S. Domenico infine piange quando celebra l'Eucaristia, l'icona più semplice e meravigliosa dell'Amore del Padre per l'umanità. Il pane e il vino diventano il sacramento attraverso cui il «silenzio» eterno del Padre si fa Parola nel dono permanente del Figlio. È il mistero della salvezza in cui ogni uomo è unito in modo mirabile a Cristo ed è creato in Lui figlio del Padre. Nell'Eucaristia il Padre vuole tutti eredi di quella sorgente inesauribile di Amore che Egli dall'eternità riversa sulla creazione e nel cuore di ognuno.
S. Domenico risponde a questo progetto di salvezza con il suo «eccomi», con il suo continuo contemplare le meraviglie che il Padre compie nella propria esistenza di figlio e con tutto se stesso, davvero felice, corre instancabile ad annunciare ad ogni uomo la verità di una sola Parola: Dio è Amore.
Domenico, riflesso della pazienza del Padre
Un giorno fu indetta una disputa generale contro gli eretici [...]. Il luogo fissato per la disputa distava molte miglia. Cammin facendo cominciarono ad avere dubbi sulla retta via; per cui chiesero informazioni ad un uomo che credevano cattolico, ma che in realtà era eretico. E quello: "Ottimamente! Non solo vi mostrerò la via, ma io stesso vi guiderò al luogo dove siete diretti". Invece, traendoli volontariamente in inganno, li fece attraversare un bosco, guidandoli attraverso rovi e spine, tanto che i loro piedi e le loro gambe sanguinavano.
L'uomo di Dio, S. Domenico, sopportando tutto con grande pazienza e ringraziandone anzi il Signore, esortava anche gli altri a pazientare e a lodare Dio, con queste parole: "Carissimi, abbiate fiducia: riporteremo certamente la vittoria, avendo già purgati col sangue i nostri peccati". L'eretico allora, vedendo la loro meravigliosa pazienza e toccato dalle parole dell'uomo di Dio, manifestò il suo inganno e rinnegò l'eresia. Quando poi giunsero al luogo della disputa, tutto andò per il meglio » [1].
Dal racconto dell'autore delle Vitae Fratrum possiamo scoprire un altro aspetto in S. Domenico: la pazienza. Essa trova fondamento nel cuore eterno di Dio Padre che da sempre e per sempre attende di poter realizzare il suo progetto di salvezza in ogni uomo. Gli stessi compagni di S. Domenico attestano come questa virtù gli fosse propria in ogni situazione della vita. Fra Paolo da Venezia al processo di canonizzazione del Santo afferma di «non averlo mai visto in collera, né agitato o turbato, neppure per la fatica del viaggio, né nel calore della passione o in qualunque altra circostanza, ma di averlo sempre visto contento nelle tribolazioni e paziente nelle avversità» (Atti n. 41). La stessa cosa attesta di lui Fra Frugerio Pennese: « Era umile, benigno, paziente nelle tribolazioni, allegro nelle avversità, pio, misericordioso, capace di consolare i frati e gli altri... » (Atti n. 48).
Queste testimonianze ci permettono di intravedere la fonte che alimenta in S. Domenico la pazienza: la sua conoscenza del Padre. Egli infatti sa che Dio ha mandato il suo unico Figlio perché il mondo sia salvato e, in tutto lo scorrere della vita, fa esperienza di questo profondo amore di Dio per le sue creature. S. Domenico si sente figlio di un Padre che vuole che tutti gli uomini, colmi della sua stessa gioia, abitino la sua casa e vivano del suo Amore. Ma egli sa anche che il disegno eterno del Padre è stato infranto dal peccato: l'uomo può scegliere come essere felice e può allontanarsi dalla strada tracciata da Dio per lui.
La pazienza di S. Domenico rivela innanzitutto una profonda conoscenza del mistero di Dio e del dramma del peccato. Il Padre ha talmente preso sul serio l'uomo e il suo peccato, da inviare il Figlio perché, sacrificato sulla croce, Gli riconduca, con la vita nuova della risurrezione, ogni uomo e l'intera creazione. S. Domenico, affascinato dalla Parola di Dio, è « incredibilmente desideroso » della salvezza di ogni uomo e « appassionato »dell'annuncio della Verità che mediante il Sangue « ricompra » ogni figlio perduto. L'«umile servitore della Parola », come il nostro Santo è stato definito, dinanzi a tale missione non può non pazientare: è l'imitatore fedele di Cristo che tace nella sua passione e che nella morte pazienta l'attesa del giorno nuovo che inauguri il mondo della vita vera, senza fine, di quella vita che è gioia in ogni avvenimento e per ogni figlio ricomprato. Avere pazienza, come S. Domenico aveva ben capito, è essere capaci di «patire» affinché il Regno di Dio si realizzi in noi e in coloro ai quali siamo mandati; è desiderare di andare concretamente incontro a coloro che ,ci aspettano. La pazienza è quel dono di Dio che ci permette di entrare in sintonia con gli altri, e S. Domenico aveva una capacità straordinaria di incontrare gente di ogni condizione o appartenenza sociale e religiosa, perché sapeva trovarli in anticipo nel suo cuore, e nella sua preghiera poteva già partecipare loro quella sofferenza che lo stesso Signore Gesù prima di lui aveva patito per la loro salvezza. S. Domenico quindi è colui che « sopporta » con pazienza di creare con coloro che avrebbe incontrato una specie di « simpatia soprannaturale», dono della grazia di Dio, che permetta l'ascolto e l'accoglienza della Parola.
Essere paziente, per S. Domenico, è scegliere di andar incontro ad ogni uomo, testimoniando ancora una volta la sua profonda esistenza di figlio: il Padre infatti, non ha atteso che l'umanità dimostrasse in qualche modo di amarlo, ma ha tracciato per essa un eterno disegno di salvezza che con tenerezza e pazienza ha dispiegato e dispiega nei secoli per incontrare ogni uomo e donargli, nel suo Figlio, l'esperienza stessa del suo Amore.
Essere figli pazienti di un Padre ricco di tenerezza per ogni creatura, non è solo credere che Egli opera la salvezza, ma anche mettere in atto, nella quotidianità dell'esistenza, ogni gesto concreto che attesti in noi una vera vita evangelica. Così anche noi, come S. Domenico, potremo annunciare con la vita la Parola che salva.
Domenico riflesso di Dio « padre e madre »
« Un frate buono e discreto affermò di aver vegliato per sette notti per scoprire quel che facesse di notte il Santo Padre Domenico. Raccontò adunque che, mentre pregava, alle volte egli stava in piedi, altre volte inginocchiato o prostrato per terra; e continuava a pregare fino a che non lo prendeva il sonno. Risvegliandosi, si metteva a visitare gli altari; e ciò faceva fino a mezzanotte.Allora, senza far rumore, visitava i frati, ricoprendo quelli che avesse trovati scoperti. Poi tornava in chiesa, riprendendo a pregare... » (Vitae Fratrum 77).
In uno dei discorsi del suo breve pontificato, Papa Giovanni Paolo I non esitò a dichiarare che Dio « è Padre, anzi Madre».
Nella vita di San Domenico è possibile cogliere evidenti tracce della sua esperienza di un Dio davvero paterno ed anche materno e sapere, dalle testimonianze dei primi frati, che egli si prendeva cura di loro con una tenerezza rivelante il volto di Dio padre e madre.
Il Santo Fondatore era pronto ad ascoltare i frati e anche altri religiosi per illuminarli, incoraggiarli, sostenerli (Atti Bologna 6); era pronto a nutrire i suoi figli con il dono della Parola (Atti Bologna 4); li educava mostrandone gli sbagli e donando consolazione (Atti Bologna 32). Egli possedeva, infatti, non solo la fermezza nel correggere e nell'indicare la retta via, ma anche tutta la delicatezza del cuore di una madre che esorta, invita, accoglie e lancia il figlio, rinnovato dal suo amore, verso un nuovo cammino, verso un nuovo inizio[2].
San Domenico visse in profondità questa rivelzione del mistero di Dio anche nella prolungata solitudine di Fanjeaux. In seguito alla morte del vescovo Diego di Osma, con cui aveva condiviso sogni e ideali, viaggi e fatiche apostoliche, oltre all'« idea » della predicazione della Parola, il Santo si ritrovò solo nel sud della Francia, tra persecuzioni, insidie, minacce, insulti, veglie di preghiera, dispute con gli eretici, viaggi e attesa di ciò che si sarebbe manifestato come il seme di un futuro Ordine di persone «totalmente consacrate all'evangelizzazione ».
A San Domenico è stata donata l'esperienza di Dio come Padre che custodisce il disegno di salvezza tracciato per lui da sempre, ed anche l'esperienza di Dio come Madre che gli affida di portare nel grembo il seme della Parola che egli avrebbe dovuto diffondere con i suoi frati nel mondo intero [3].
Il suo annuncio del Vangelo scaturiva così dal dono della fortezza e della tenerezza, dalla capacità di custodire nel cuore quei segni e quelle parole che avrebbero portato frutti di salvezza, dalla capacità di offrire tutto ciò che, nella fede, era promessa di vita e di fecondità e sosteneva in lui l'« incredibile desiderio della salvezza » di ogni uomo. Egli infatti desiderava ardentemente offrire se stesso per la redenzione di pagani o cristiani, eretici o santi.
Come non leggere tra le righe di questo « incredibile desiderio » di portare l'annunzio di Dio salvatore, l'infinito ed incommensurabile dono di una madre che, a costo di tutta se stessa, è disposta a dare incessantemente la vita al frutto del proprio grembo?
San Domenico era ben cosciente che ogni figlio del Padre è chiamato a godere in pienezza della vita che Egli vuole donargli; egli sapeva che il prezzo di tale vita, che diviene gioia, è il mistero pasquale di Gesù Cristo; egli comprendeva che l'unica risposta al dono d'Amore è la risposta dell'amore.
Oggi, Colui che «prese l'ufficio del Verbo» continua ad invitarci a fare esperienza di quel grembo accogliente e generoso che, donandosi come Parola, vuol essere per ogni uomo sorgente di vita.
Proprio oggi ogni figlia e figlio di San Domenico è chiamato a lasciarsi affascinare dal mistero di Dio che ama abbracciando ciascuno con le sue « mani » di padre e di madre.
Proprio oggi ognuno di noi è invitato a lasciarsi coinvolgere nella « storia eterna » del Padre che vuole felice ogni suo figlio.
Proprio oggi tutti siamo interpellati a mostrare l'immagine più vera e trasparente del volto paterno e materno di Dio che continuamente dona salvezza.
Domenico e la provvidenza del Padre
Fra Reginaldo, uomo molto religioso e che fu poi penitenziere del Papa e arcivescovo di Armagh, raccontò di essere stato presente a Bologna quando il procuratore del convento andò dall'uomo di Dio, Domenico, lamentandosi di non avere per tanti frati che due soli pani da porre in tavola. Quell'imitatore del Signore che fu S. Domenico, gli ordinò di spezzarli in piccoli pezzi, poi li benedisse e, confidando nel Signore che provvede il cibo a chi si rivolge a lui e sazia la fame di ogni vivente, disse al servitore di girare per le tavole, ponendo ad ogni posto due o tre pezzi di quel pane. Al termine del giro, ne erano avanzati; per cui fece un secondo e poi un terzo giro, avanzandone ancora. E fece tanti di quei giri, distribuendo sempre a ciascuno di quel pane, che tutti ne ebbero a sazietà. E ne avanzò, per dono divino, molto di più di quanto gli uomini non ne avevano preparato» (Vitae Fratrum n. 88).Il racconto di Fra Reginaldo trova conferma nella deposizione fatta per la canonizzazione del Santo da Fra Rodolfo, primo procuratore del convento di Bologna (Atti n. 30). Altre numerose testimonianze e fatti raccontati da diverse persone ci mostrano S. Domenico quale uomo abbandonato alla Provvidenza.
Credere in Dio Padre che provvede è, per il Maestro dei Predicatori, un atto di fiducia nella Parola: « Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre... Osservate i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro... Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,25‑34). A chi cerca il Regno di Dio è promessa innanzitutto la sussistenza quotidiana.
Per S. Domenico la Provvidenza, che nutre i figli a lui donati, non è solo spiritualismo o un pensiero edificante, bensì la certezza concreta e quotidiana che a colui che il Signore invia quale messaggero della Parola di salvezza non mancherà mai il nutrimento del corpo. Il Dio generoso che fa piovere sui buoni e sui cattivi, non è un padrone che ordina ai suoi operai di fare un lavoro, ma è Padre di figli, ai quali si prende cura di donare tutto ciò che èindispensabile per la vita di ogni giorno.
Provvidenza, per S. Domenico, non è solo rendere grazie per il sostentamento del corpo, ma anche una profonda esperienza di salvezza. L'uomo della Parola che «assunse l'ufficio del Verbo», sperimenta infatti la Provvidenza del Padre nel dono del Figlio venuto a salvare l'umanità. S. Domenico perciò, dietro quella che può sembrare una esperienza di sostentamento materiale, scopre un profondo valore spirituale. S. Caterina, nel Dialogo, nel suo colloquio con il Padre, ascolta: « Io providi a l'uomo dandovi il Verbo de l'unigenito mio Figliuolo con grande prudenzia e providenzia per provedere a la vostra necessità» (Dialogo CXXXV).
Per S. Domenico il dono per eccellenza con cui il Padre celeste provvede alle necessità dei suoi figli è quello della salvezza. Egli comprende che la Provvidenza di Dio invita ogni uomo a fare esperienza del suo Amore, a partecipare della sua stessa Vita.
Spesso il nostro sguardo rimane in superficie e i nostri bisogni più impellenti ci muovono a domandare ciò che ci permette di sopravvivere. S. Domenico, affascinato dalla Parola, in cui scopre il volto più tenero e autentico del Padre, comprende che il Cristo è quel Suo dono che ci fa vivere della Sua stessa vita. Di fronte al dramma del peccato, che infrange nell'uomo la capacità di abbandonarsi a Dio e ai fratelli, il Padre dona una alleanza nuova sigillata dal Sangue del Figlio e dal dono dello Spirito, pegno e caparra della piena comunione di vita promessa dall'eternità.
S. Domenico allora prega sì per il pane che deve nutrire i suoi figli, ma prega anche per il dono della Parola quando, incontrando in uno dei suoi viaggi due pellegrini tedeschi, chiede di poter parlare e capire la loro lingua per annunziare loro il Signore Gesù (Vitae Fratrum n. 86).
Egli ancora non teme di disperdere i suoi pochi frati e di attendere che il seme sparso porti frutti di salvezza (Lib. n. 47); inoltre sceglie per sé e per i suoi figli la povertà mendicante (Lib. n. 42) perché rinunciare alle proprietà e alle sicurezze di ogni giorno significa seguire le orme del Cristo che ha salvato l'uomo obbedendo al Padre e al suo eterno disegno di salvezza per l'umanità. Nulla perciò può essere escluso da questo orizzonte: gioia o fatica, bene o male, benessere o sofferenza, doni o bisogni; tutto, in ogni piccolo particolare e in ogni evento, fa parte del disegno del Padre, come dice S. Caterina: « ... per questi e molti altri modi, i quali l'occhio non è sufficiente a vedere, né la lingua a narrare, né il cuore a pensare quante sono le vie e modi che Io tengo, solo per amore e per riducergli a grazia, acciò che la mia verità sia compíta in loro » (Dialogo IV).
S. Domenico si sente « costretto » dall'immenso Amore che il Padre riversa su ogni uomo, ad accogliere il divino volere con decisione e fermezza, con quella audacia ed urgenza che diventano annuncio della Parola di salvezza con la predicazione e con la vita.
Il « fervore divino » (Lib. n. 103) che brucia in S. Domenico e in tutti coloro che si affidano totalmente al Padre, è certezza che Dio non farà mancare il suo aiuto a chi spende la propria vita per la gloria divina e per la salvezza dei fratelli.
[1] 'Per un approfondimento del problema dell'eresia incontrato da S. Domenico nel Sud della Francia cfr. HUMBERT VICAIRE, Storia di S. Domenico, Roma 1983, pp. 112 ss.
[2] 'Altri episodi che rivelano tale modo di essere di San Domenico si possono trovare nella cura e nella tenerezza con cui seguiva le monache di San Sisto o nel suo farsi carico, con dolcezza e nella preghiera, della tentazione di un giovane novizio che vedeva uscire dall'Ordine. Vedi I miracoli del Beato Domenico di Sr. Cecilia, n. 6; la devozione di San Domenico a Maria, madre di Cristo e protettrice dell'Ordine: Libellus 120.
[3] Per un approfondimento dell'esperienza di San Domenico a Fanjeaux, vedi HUMBERT VICAIRE, Storia di San Domenico, Roma 1983, pp. 260‑306.

Ordine dei Predicatori
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