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lettera del priore provinciale
"la predicazione del vangelo e la sua trasmissione attraverso il mondo virtuale"
Respondabilità , rischi e conseguenze nell'era della comunicazione globalizzata
Lettera di
fr. Francesco G. M. La Vecchia OP
Priore provinciale
dei
Frati Predicatori
della
Provincia San Tommaso d’Aquino in Italia
in merito a
La Predicazione del Vangelo
e la sua trasmissione attraverso il mondo virtuale:
responsabilità, rischi e conseguenze
nell’era della comunicazione globalizzata
fr. Francesco G. M. La Vecchia OP
Priore provinciale
dei
Frati Predicatori
della
Provincia San Tommaso d’Aquino in Italia
in merito a
La Predicazione del Vangelo
e la sua trasmissione attraverso il mondo virtuale:
responsabilità, rischi e conseguenze
nell’era della comunicazione globalizzata
_________________________
Carissimi Confratelli,
già da tempo avrei voluto porgervi alcune riflessioni in merito alla responsabilità affidata a ciascuno di noi nel proprio ministero di predicatore. L’ulteriore spinta da parte di alcuni confratelli e, tra questi alcuni Consiglieri di Provincia, mi ha confortato e sollecitato a consegnarvi questa mia lettera che, oltre a voler condividere alcune riflessioni in merito ai contenuti che annunciamo e ai mezzi che usiamo, darà delle precise indicazioni soprattutto a coloro che fanno uso di catechesi videoregistrate e poi messe in rete, ribadendo così quanto già indicato dalle nostre leggi in merito a questa materia.
Il mandato e, di conseguenza, la responsabilità della predicazione che ci è stata affidata con la Professione religiosa domenicana non è una questione personale. Come per la Dottrina cattolica che la Chiesa ci ha affidato con il ministero ordinato – per il quale alla vigilia dell’Ordinazione diaconale abbiamo fatto un giuramento di fedeltà ben chiaro e definito –, anche per la nostra predicazione non è possibile andare dietro alla moda del momento secondo sensibilità e gusti personali né tantomeno fare delle sintesi adattate e costruite attorno a convinzioni personali e soggettive. Il Vangelo è di Cristo, sebbene affidato a tutti noi che siamo Chiesa. Il Vangelo non è nostro, non è un bene personale o privato. Nostro è il compito di viverlo per annunciarlo, capirlo per testimoniarlo, condividerlo per alleviare il dolore e le sofferenze di tanti fratelli.
Il contenuto della nostra predicazione è unicamente quel “Cristo ieri e oggi, e per sempre” (cfr. Eb 13,8) che ci invia ad annunziare a tutti i popoli il suo Vangelo (cfr. Mc 16,15). Certo, è stato affidato a ciascuno dei suoi discepoli, a seconda delle capacità individuali e tenendo conto delle difficoltà che si possono verificare nell’incontro con il mondo, ma si tratta di una responsabilità che se, vissuta in modo solitario o individuale, sarebbe un macigno tale da schiacciare chi annuncia e chi ascolta. Il bisogno di riconoscersi Chiesa, Corpo di Cristo e Comunità del Risorto, ci aiuta a comprendere l’urgente necessità di respirare un senso di corresponsabilità che ci permetta una missione e una predicazione vissuta e attuata in modo armonico e sinfonico. Una predicazione lontana da partitismi e ideologizzazioni le quali non possono far altro che spaccare la comunità ecclesiale che invece, per sua natura, vive e cerca una comunione profonda. La diversità di ciascuno di noi, cari confratelli, con le nostre potenzialità e anche con i nostri limiti, si fa ricchezza solo quando quello spirito di squadra indicato dalle nostre Costituzioni ci fa vivere l’”opus communitarium” quale corresponsabilità nell’annuncio del Vangelo così come nella proposta della Dottrina cristiana.
Lo scorso 21 giugno, il Santo Padre Papa Francesco, nel prendere parte ad un Convegno organizzato a Napoli dalla Sezione S. Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale sulla Teologia dopo la Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo, così si esprimeva: “È necessaria la libertà teologica. Senza la possibilità di sperimentare strade nuove non si crea nulla di nuovo, e non si lascia spazio alla novità dello Spirito del Risorto: «A quanti sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature, ciò può sembrare un’imperfetta dispersione. Ma la realtà è che tale varietà aiuta a manifestare e a sviluppare meglio i diversi aspetti dell’inesauribile ricchezza del Vangelo» (EG, 40)... Sulla libertà di riflessione teologica io farei una distinzione. Fra gli studiosi, bisogna andare avanti con libertà; poi, in ultima istanza, sarà il magistero a dire qualcosa, ma non si può fare una teologia senza questa libertà. Ma nella predicazione al Popolo di Dio, per favore, non ferire la fede del Popolo di Dio con questioni disputate! Le questioni disputate restino soltanto fra i teologi. È il vostro compito. Ma al Popolo di Dio bisogna dare la sostanza che alimenti la fede e che non la relativizzi”.
Ho voluto citare questo passaggio della relazione tenuta dal Santo Padre per sottolineare con forza la giusta e necessaria distinzione che la nostra predicazione deve sempre tenere presente al fine di dare al popolo di Dio la sostanza che alimenta la fede, senza relativizzarla. Il rischio, all’interno stesso della teologia e della predicazione, è quello di percorrere itinerari così settorializzati che alla fine si perdono di vista sia la totalità e l’armonia della Dottrina e sia il bene per il popolo di Dio a cui siamo mandati. La conseguenza è che più che istruire e confortare i fedeli si lavori per soddisfare curiosità e sviluppi di un pensiero personale che di fatto porta alla confusione e alla divisione.
Questo rischio, ulteriormente amplificato dalla comunicazione globale, vale tanto per la predicazione omiletica quanto per quella accademica, così come per quella itinerante come per quella pastorale. E questo ogni qualvolta si venga audioregistrati o videoripresi per poi essere messi in rete. In tutti gli ambiti e ovunque la predicazione ci chiami a parlare di Dio al mondo non dobbiamo correre il rischio di confondere il contenuto definito dal Magistero con la ricerca e gli annessi sviluppi soprattutto in materie ancora non definite, il cui iter di studio rimane in attesa di un riscontro o di una conferma da parte del Magistero pontificio. Inoltre, il contenuto della nostra predicazione deve avere a cuore tanto le modalità quanto i linguaggi da usare. Questo risulta necessario per evitare di alterare il contenuto stesso che potrebbe essere svilito da una cattiva presentazione oppure di mortificare l’uditorio per una forma esageratamente apologetica o relativista tale da non permettere una sana sintesi, una chiarezza di fondo ed un equilibrio dottrinale.
Una conseguenza di tali rischi è la tentazione nel prendere parte alle risposte o, ancora peggio, alle provocazioni che le chat o i blog alimentano, generando situazioni a dir poco disumane e verbalmente violente che vedono persone (spesso spinte da un senso fondamentalista scevro da qualunque riflessione e conoscenza veritiera della materia in questione) scagliarsi contro tutti, emettendo giudizi surreali quanto falsi, che nulla hanno a che vedere con lo spirito evangelico dell’accoglienza, del dialogo e dell’incontro a 360°. Partendo da un incontro orizzontale, basato sull’ascolto reciproco nel pieno rispetto delle parti, siamo chiamati a parlare innanzitutto del Verbo fatto uomo come rivelazione piena del Dio vivente, aiutando così gli uomini che incontriamo e che riconosciamo nostri fratelli a raggiungere la dimensione verticale.
In forza di tutto ciò, mi permetto di ricordare a tutti voi che quanto diciamo o scriviamo non è mai fatto a titolo personale ma, in qualità di discepoli, a nome della Chiesa. Possiamo e dobbiamo sentire forte il senso e il peso di questa responsabilità totalmente posta al servizio del bene del popolo di Dio. In questa sede mi permetto di ricordare a tutti noi quanto già LCO 139 recita: “I frati terranno sempre presente che i loro pubblici interventi (nei libri, sui giornali, alla radio e alla televisione) hanno ripercussioni non soltanto su se stessi, ma anche sui loro confratelli, sull’Ordine e sulla Chiesa. Per la scelta dei loro giudizi, perciò, vigilino assiduamente a far crescere lo spirito del dialogo e della mutua responsabilità sia con i confratelli sia con i superiori. Prestino poi una particolare e critica attenzione a questo dialogo con i superiori maggiori, quando le loro affermazioni e i loro scritti riguardano questioni controverse di un certo rilievo”.
Oggigiorno i vari dibattiti, sia interni quanto esterni alla Chiesa, ci pongono una varietà di argomenti non sempre necessari e utili. Assistiamo a confronti e controversie che mettono in dubbio addirittura la dottrina del Concilio Vaticano II sino al magistero del Sommo Pontefice Francesco. Argomenti che, se trattati con il dovuto rispetto nei tempi e nei luoghi opportuni, certamente potrebbero giovare ad una loro migliore comprensione e ad una maggiore chiarezza circa i passi da fare nel proseguo della ricerca teologica. Spesso invece i toni utilizzati non solo appaiono irriverenti (anche nelle nostre discussioni interne e private alle nostre comunità) ma soprattutto non costruiscono niente di buono, con il rischio di creare scandalo, diffidenza e allontanamento dalla fede.
Per cui, così come una pubblicazione cartacea in materia di dottrina o di morale necessita dell’imprimatur dell’Ordinario religioso, a partire da questa mia lettera sarà necessaria la mia autorizzazione, previo esame di confratelli preposti a vigilare in merito (Priore provinciale, Reggente degli studi ed altri confratelli indicati dal Consiglio di Provincia), per la pubblicazione in rete di video che propongono temi e argomenti teologici. Questo per assicurare, nel nome della corresponsabilità, l’ortodossia dei contenuti e il giusto equilibrio nei modi e linguaggi usati. Per questo reputo importante aggiungere di seguito quanto la nuova Ratio Studiorum Generalis recita in merito a quanto detto sinora nell’Appendice III.
Appendice III
PROCEDURE PER LE CONTROVERSIE
A PROPOSITO DI DICHIARAZIONI PUBBLICHE DEI FRATI
Principi direttivi
I. Il fatto che oggi le persone comunicano attraverso i media, le reti sociali, e altre forme di tecnologie dell’informazione offre possibilità di presentare il Vangelo e la nostra fede cattolica in un modo che sarebbe stato difficile immaginare anche solo poco tempo fa. Come i primi frati viviamo l’itineranza per raggiungere nuovi luoghi pubblici, parlare in modi diversi, e per fare conoscere la nostra visione, ora nella sfera del mondo digitale.
II. Tutte queste possibilità e questa libertà implicano chiaramente che anche i frati esercitino la virtù di prudenza in modo che le loro dichiarazioni siano ispirate dalla ricerca delle verità e dal bene comune. Ogni frate domenicano da quando fa la professione cessa di essere un individuo isolato che parla e scrive solo a nome proprio. Diviene una persona pubblica che rappresenta l’Ordine e la Chiesa in tutto quello che fa e dice. Per questo, con un accesso pressoché illimitato a un uditorio mondiale assume la responsabilità straordinaria di usare i media in modo saggio e avvertito al servizio della fede.
Dichiarazioni ai nuovi media
III. Oltre che all’utilizzo prudente delle tecnologie digitali, l’opinione dei frati può essere sollecitata dai nuovi media, come anche in interviste scritte, al telefono o per televisione. Se il tema concerne la Provincia sarò necessario riferirsi al priore provinciale. Se questo concerne il convento o la parrocchia si farà riferimento rispettivamente al priore o al parroco. E’ sempre preferibile pe un frate presentare una dichiarazione preparata piuttosto che parlare in modo improvvisato. Il superiore locale rivedrà la dichiarazione e la approverà prima che si sottoposta al giornalista che ha richiesto l’intervista.
IV. In caso d’impossibilità per un frate di preparare una dichiarazione dovrà almeno parlare al suo superiore locale e condividere ciò che ha intenzione di dire, prima di indirizzarsi ai media. In tale situazione dovrà seguire i consigli del superiore.
Utilizzo di Internet
V. I siti internet, i blog e le reti sociali sono tutti modi legittimi di comunicare la Parola di Dio e di condividere opinioni sociali e religiose. Nell’utilizzo di questi mezzi è possibile costituire gruppi di aderenti che visitano regolarmente questi siti per trovare informazioni e avere discussioni virtuali. Purtroppo i siti popolari sono spesso discutibili. I frati che hanno siti web o blog devono essere prudenti. Le dichiarazioni che propongono devono essere giudiziose e corrispondere all’insegnamento della chiesa. Dovranno altresì promuovere il bene comune dell’Ordine.
VI. Può avvenire purtroppo che un frate faccia su internet una dichiarazione che manca di prudenza, che non riflette l’insegnamento della Chiesa o che vada contro il bene comune dell’Ordine. In tal caso il superiore locale o il priore provinciale può procedere in vari modi:
- avvertire il frate e spiegargli che la sua dichiarazione controversa o erronea è inaccettabile e non deve essere ripetuta;
- insistere che il frate ritiri la sua dichiarazione o erronea o la smussi per renderla accettabile all’Ordine;
- richiedere che le future dichiarazioni su un sito internet siano controllate da frati scelti dal priore provinciale;
- informare il frate che deve chiudere il sito internet.
Dichiarazioni pubbliche controverse
VII. Può capitare che una dichiarazione pubblica e controversa sia compiuta oralmente o per iscritto, senza essere stata approvata dal superiore. In tal caso consigliamo vivamente ai frati, nello spirito di LCO 139, di parlare della questione direttamente con il frate implicato e se necessario al suo provinciale, e solo dopo questo i frati potranno presentare le loro obiezioni al Maestro dell’Ordine. D’altra parte non dovranno informare il vescovo locale e la Santa Sede senza aver prima compiuto tutte queste tappe. Né il priore provinciale né il Maestro dell’Ordine potranno tener conto di denunce anonime.
VIII. Il priore provinciale per la sua funzione ha il compito di esaminare i punti dubbiosi dal punto di vista della dottrina espressi in dichiarazioni pubbliche dei frati, anche se non ha ricevuto richiami al proposito. In questo caso il provinciale deve parlare al frate per cercare di chiarificare e risolvere la questione. Se il provinciale riceve una denuncia dovrà cercare di incontrare sia il frate denunciato sia coloro che hanno sporto la denuncia e intraprendere una discussione nel rispetto reciproco nella speranza di giungere ad un esito positivo. In funzione dell’impatto negativo che le dichiarazioni hanno suscitato o possano suscitare, il provinciale può informare l’ordinario del luogo o il Maestro generale.
IX. Quando il priore provinciale non ha potuto risolvere il problema, deve decidere con il suo consiglio se è opportuno trattarla a livello provinciale o se riferirsi direttamente al Maestro dell’Ordine. Normalmente è meglio risolvere le questioni a livello provinciale prima di richiedere l’intervento del Maestro dell’Ordine.
Carissimi confratelli affido questa mia lettera all’intercessione dei S.S. Pietro e Paolo perché ci guidino sempre alla conoscenza della retta Dottrina attraverso uno zelo prudente e rispettoso nell’assolvere il nostro mandato di predicatori.
La Vergine Maria, madre del Verbo incarnato, vero Dio e vero uomo, ci aiuti a fare del Figlio suo l’”ufficio del Verbo” come fu l’intera esistenza di Domenico nostro padre.
Contrariis quibuscumque non ostantibus.
Prot. n. 090/2019/P
Dalla Domus provincialis
Convento Maria SS. dell’Arco,
S. Anastasia (NA), 29 giugno 2019
Solennità dei S.S. Pietro e Paolo

Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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