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messaggio del priore provinciale per la
pasqua di risurrezione 2018
Messaggio di
fr. Francesco La Vecchia OP
Priore provinciale
dei
Frati Predicatori
della
Provincia San Tommaso d’Aquino in Italia
in occasione della
Pasqua di Resurrezione del Signore
2018
_________________________
Il Cristo ieri e oggi:
Principio e Fine, Alfa e Omega.
A lui appartengono il tempo e i secoli.
A lui la gloria e il potere
per tutti i secoli in eterno. Amen.
Per mezzo delle sue sante piaghe gloriose,
ci protegga e ci custodisca il Cristo Signore. Amen.
(dalla liturgia della Veglia pasquale della Notte santa)
Fratelli e sorelle in san Domenico nostro padre,
a tutti voi il mio fraterno augurio di una Pasqua piena di luce. Una luce che non si arrenda mai alle tenebre di molti cuori chiusi. Una luce che non si rassegni alla logica di un Vangelo mondanizzato e riletto a misura del proprio tornaconto. Una luce che non scenda mai a compromesso con chi vorrebbe servire due padroni. Una luce accolta per riscaldare, illuminare, unire, testimoniare e vivere quell’identità umana che la Parola di Gesù ci rivela e ci riconsegna, per essere tutti e ciascuno, prolungamento della sua missione nella storia e nel tempo perché tutti gli uomini possiamo essere uniti a lui, come lui è unito al Padre (cfr. Gv 17,21).
Le liturgie che avremo modo di celebrare lungo questi giorni santi ci offrono la possibilità non solo di rivivere le ultime tappe della vita del Redentore ma di soffermarci sulla centralità della nostra fede e della nostra vocazione di discepoli del Signore. L’ingresso a Gerusalemme, la cena e la lavanda dei piedi, la via del calvario e la morte del Maestro, l’attesa e la sua resurrezione non sono solo quadri di una sequenza cronologica da tradurre in liturgie rimpinzate di fantasie teatrali e personalistiche, tanto da far distogliere lo sguardo dal Cristo morto e risorto per sostituirlo con un protagonismo tanto orizzontale quanto scevro del senso di Dio. Le celebrazioni liturgiche della Pasqua ci danno invece sempre una nuova occasione per contemplare l’amore del Padre che ha tanto amato il mondo da donarci il Figlio (cfr. Gv 3,16). Il Figlio che rivela il cuore del Padre per cercare di far capire ad ogni uomo come sia fatto il proprio cuore. Un cuore fatto per vivere come Dio. Un cuore fatto per amare come Dio. Un cuore fatto per servire come ha fatto il Figlio suo (cfr. Mc 10,45). Un cuore fatto per accogliere una fede che non si fermi all’emozione epidermica del racconto della passione del Salvatore. Una fede che non sia solo emozione annuale che ascolta i fatti della salvezza operata da Gesù, guardandoli con semplici occhi da spettatore. Una fede che accolga e traduca nella quotidianità l’urgenza di capire che il chicco deve morire per dare vita a sua volta (cfr. Gv 12,24).
La nostra fede non è semplicemente una fede di conservazione o di trasmissione sterile di norme e di pratiche, così come la liturgia non è un inscenare gesti da vedere o ostentare simboli legati ad un passato sempre più sradicato dal nostro oggi. La celebrazione del Cristo che entra a Gerusalemme ci deve far prendere coscienza della responsabilità che ciò comporta: accogliere Cristo proclamandolo nostro Messia significa accogliere anche le sue persecuzioni, le sue incomprensioni davanti ad una società, ieri come oggi, disposta ad osannarti solo se ti allinei con essa. Una società ed un tempo come il nostro che vorrebbero relegare i frutti della fede nelle sacrestie, lasciandoli ammuffire, evitando la ricerca della Verità e il bisogno della condivisione della Carità che chiedono all’uomo di rinunciare a disegni egoistici quanto diabolici che hanno a cuore solo interessi personali e che non considerano il proprio prossimo come fratello e compagno della vita da percorrere insieme.
Un cammino che ci invita a chinarci sui piedi dei fratelli per lavarli con l’acqua della compassione immergendoli nel catino dell’accoglienza e asciugandoli con il telo del perdono. La celebrazione della cena e la lavanda dei piedi non sono il toccante racconto di un momento seppur denso e drammatico delle ultime ore terrene del Redentore. Sono il segno dell’Eucarestia cuore, fonte e culmine della vita cristiana. Eucarestia presenza viva e permanente di Gesù, vero Dio e vero uomo. Eucarestia da mangiare insieme per insieme amare e servire. La sola Eucarestia che può renderci saldi nel percorrere la dolorosa via del calvario. La commemorazione liturgica della morte del Signore, ancora una volta, ci faccia comprendere il modo di amare di Dio, ossia la capacità di sapersi donare totalmente senza sconti e riserve. La morte del Redentore ci faccia comprendere che non tutto nella vita dell’uomo ha la stessa importanza. Che la vita dell’uomo può essere vissuta solo secondo il modello di umanità che i Vangeli ci raccontano parlandoci di Gesù che accoglie e perdona, che cerca la pecora perduta (cfr. Lc 15,4-6) e spiega quale sia la via per seguirlo (cfr. Mt 16,24) e vivere la vera vita che solo lui può dare (cfr. Gv 10,14-15).
È questa vita che la liturgia celebra nel mistero della resurrezione. È questa vita che i Vangeli ci rivelano. È questa vita che la fede ci spiega perché possiamo riappropriarcene. Una vita che non è vana teoria o, ancor peggio, ideologia da bandire. Una vita che si rivela come persona che la dona e la condivide. Non si tratta più di un prima e di un dopo. Non è questione di lassù o di quaggiù. Con la sua resurrezione Gesù non ci restituisce la vita di prima, quella ferita dal peccato, né ripristina una cosa passata. Gesù si presenta a noi come colui che è principio e fine di ogni realtà umana. In lui tutto è recuperato e sanato, una vita restituita più bella di prima. Così la liturgia della Notte Santa ci aiuta a celebrare quella vita tornata a splendere come luce del mondo, perché Gesù è venuto per questo (cfr. Gv 8,12).
La croce e la resurrezione di Cristo sono le coordinate di una fede quotidiana che ci invita ad un confronto continuo con il Vangelo di Gesù sulla cui lunghezza d’onda, fatta di sacrificio e di donazione della propria vita, noi tutti dovremmo convergere con spirito di ascolto e di fiducia totale, come fece Maria, prima discepola del Figlio e madre di noi credenti del Risorto. Il sì di Maria ci aiuti a capire ed accogliere ancora una volta l’annuncio di una nuova Pasqua di luce, perché la nostra testimonianza quotidiana renda presente il Risorto e aiuti i fratelli affinché, ogni giorno, attraverso le nostre parole e le nostre opere, possano vedere e credere (cfr. Gv 20,8) che la vita ha trionfato sulla morte. Amen. Alleluia!
Prot. n. 045/2018/P
Dalla Domus provincialis
Convento Maria SS. dell’Arco,
S. Anastasia (NA), 25 marzo 2018
Domenica delle Palme e della Passione del Signore
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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